BooksinItaly, sito che promuove l’editoria italiana nel mondo, intervista Paolo Primavera, fondatore di Edicola.

Buongiorno Paolo, ci racconta come è nato il progetto di Edicola e perché ha deciso di pubblicare gli stessi libri in più lingue?

Buongiorno a voi. Innanzitutto una piccola precisazione, da gennaio Edicola ha anche una sede in Italia. Si trova a Ortona, in provincia di Chieti, e risiede appunto nell’edicola (da qui il nome dell’editore) che la mia famiglia gestisce da più di cent’anni. Nasce dalle conversazioni con mio padre, nei tempi morti del lavoro, quando approfittavamo per leggere quello che c’era in commercio. Arrivammo alla conclusione che stavamo vendendo molti contenuti “inutili” e che avremmo dovuto avere una casa editrice nostra, dove pubblicare fotografia (il mio lavoro di allora) e manuali di falegnameria (la sua eterna passione). Io allora frequentavo un Master in editoria, che ho dovuto interrompere a causa della malattia di mio padre: quando se n’è andato, ho pensato che quest’idea si dovesse trasformare in realtà. E ci siamo.

Pubblicare in più lingue e in diversi formati è una necessità obbligata e basica sia per aumentare il bacino di lettori sia per dare la giusta visibilità ai nostri autori. Senza autori, possibilmente felici, non esisterebbe nessuna casa editrice. Di fatto in questo momento abbiamo in catalogo tre autori italiani e tre autori cileni: le traduzioni e la partecipazione alle principali fiere di settore (saremo presenti al salone di Torino), europee e americane, ci permettono di avanzare con l’importante processo di internazionalizzazione del libro.

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A questo proposito, Edicola fa parte della Cooperativa di Editores de las Furia, composta da 31 case editrici indipendenti. La cooperativa, per la quale mi occupo del processo di internazionalizzazione dei contenuti, rappresenta il terzo polo dell’editoria cilena. Insieme ai membri di altre due associazioni editoriali, abbiamo sviluppato una strategia di internazionalizzazione dell’industria editoriale, che sarà annessa alla prossima legge del libro del governo cileno.

«Storie succinte, di tutti i tipi. Il sostantivo non è importante. L’aggettivo lo mette il lettore. Racconti brevi»: sul vostro sito c’è questa breve dichiarazione di poetica che mi piacerebbe ci spiegasse. Il pubblico cileno ama leggere racconti?

I racconti sono sempre stati tenuti in scarsa considerazione, soprattutto dal punto di vista commerciale. Tuttavia, il pubblico cileno ama leggerli, e sono un genere di culto molto ricercato. Non ci serviva che assegnassero il Nobel alla Munro per risvegliare questo interesse, ci serve solo credere e potenziare quello che si fa.

Per quanto riguarda la dichiarazione di poetica, si riferisce alla grande attenzione che si presta nel mondo editoriale cileno alle caratteristiche di ogni parte fisica del libro, al suo aspetto e ovviamente al contenuto. In Italia, contenuto a parte, il libro non è visto anche come un valore simbolico, come uno strumento per cercare di aprire brecce nelle differenze sociali e contribuire all’innalzamento del livello culturale. Non bisognerebbe dimenticarsi di quest’aspetto quando si commercia con il libro.

Siete, in qualche modo, editori e traduttori di voi stessi. Come organizzate il lavoro intorno a ogni singolo libro?

Noi siamo editori. Ci accompagnano figure professionali (traduttori, correttori di bozze, disegnatori, artisti per le copertine) che retribuiamo, poco per ora ma retribuiamo. Tutti gli anelli della catena editoriale sono composti di persone mosse da professionalità e passione.

Parlando più in generale, secondo la sua esperienza, il pubblico cileno conosce la letteratura italiana (anche contemporanea)? Se sì, che cosa legge?

Il pubblico cileno ama la letteratura italiana, anche se non la conosce in maniera approfondita (sottolineo che esiste anche un forte interesse del pubblico italiano verso la letteratura contemporanea cilena). In Cile, Pavese, Ungaretti, Pasolini, Eco, Baricco e Saviano sono letture molto ambite, rese difficili dal fatto che le traduzioni di questi grandi autori, realizzate dalle grandi case editrici, dovendo essere importate, sono molto care. Un libro di questo genere può costare anche una trentina di euro. Qui cerchiamo di entrare in gioco noi, negoziando diritti di traduzione e producendo il libro in loco. Ad esempio, presenteremo tra le novità 2015 il primo libro di Gianluca Di Renzo, vincitore del Premio John Fante, la traduzione in italiano di Space Invaders di Nona Fernandez (inserita nella nuova collana di letteratura cilena contemporanea), Fanon City Meu di Jaime Huenún, un poeta mapuche (sempre in italiano) e le versioni digitali in quattro lingue (edizioni separate) del fumetto storico di Saverio Di Tullio, La Battaglia di Ortona, basato su una storia vera.

E gli editori cileni? C’è attenzione intorno a ciò che succede nelle nostre lettere?

Gli editori cileni sono professionisti molto attenti, non solo alla produzione italiana, ma soprattutto a quella che potremmo chiamare la “bibliodiversità”. La diversità è vista come un’opportunità non come una limitazione.

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