Chiedimi del linguaggio con cui parlano le cose.
Chiedimi se esiste un modo di sovrapporci, e diventare infallibili.
Chiedimi se hai ragione quando mi senti spaccata.

Ho smesso sì di lottare inutilmente. Io non ricordo molto.

Non ho mai avuto buona memoria. E così son salva.

Non ricordo nemmeno le parole dette poco fa.

Ho voluto cambiarmi senza mai riuscirci,
mi hanno insegnato i sensi di colpa e la rabbia che ti lasciano.

Non subisco il fascino del potere e bevo a tavoli di stolti quasi sempre,
che siano essi coscienti o meno.

Sono braccata in un moto che ho accettato perché lo volevo,
l’ho cercato, perché è il mio.

Inutilmente mi chiedo cosa farò,
perché lo sto già facendo e riesco a distinguermi
ed anche ad accettarmi a volte,
ma non a smettere di pensare però.

Penso sempre troppo.

Non sono mai stata uguale eppure ho vissuto stessi circoli.

E allora farò da me,
non penserò che al niente,
non inventerò più modi per reagire.

Sarò battuta, plasmata, senza più segnali o accenni d’esistenza.
Sarò così, inerme, come un pulsare spento.

Eppure i solchi, li vedevo lucidi su di me.
Mappature dell’io a ricordare il tracciato, il lasciato, il desiderato, che non c’è più.
E poi, seguendo le impronte, capire che tutto è congiunzione, tutto è ritorno.

Non è sacrificio una cicatrice: è solo tutto quello che rimane. Tutto quello che mi somiglia.

Se fossi stata intera, sarebbe mancato qualcosa.

Solidea Ruggiero, Spaccata, tratto da Io che non conosco la vergogna