Uscire dai propri confini letterari è sempre un bene, specie quando ci si confronta con romanzi come quello scritto da Andrés Montero, Tony Nessuno, e portato in Italia da Edicola Ediciones direttamente dal Cile nella bella traduzione a cura di Giuglia Zavagna.

Chi è Tony? O, meglio, chi sono i Tony in Sud America? Tony è il termine che, per antonomasia, è arrivato ad indicare tutti i pagliacci in paesi come il Cile, l’Argentina e la Bolivia, dal famoso pagliaccio inglese Tony Grice. Quindi tutti i pagliacci del romanzo di Andrés Montero sono dei Tony, ma solo uno è Tony Nessuno.

A me però il pubblico piace sempre, dovunque ci troviamo, senza distinzione. E quello che mi piace di più è proprio fare la parata, perché è come irrompere nelle loro vite all’improvviso e tutti ne sono molto stupiti, glielo si nota negli occhi e nel sorriso, in quegli applausi quasi involontari che fanno ogni tanto. Al circo sai già cosa succede, e non ci sono tante sorprese. La parata invece è sempre una festa all’insegna dell’improvvisazione.

La storia prende avvio con l’arrivo al Grande Circo Garmendia di un misterioso uomo arabo che porta in dono ai circensi due libroni e un curioso e silenzioso bambino senza nome. Nei due libri sono raccontate Le mille e una notte, che diverranno letteralmente il motore della narrazione. Tony Nessuno è quello strano bambino silenzioso arrivato apparentemente senza motivo nella grande famiglia di artisti del Circo Garmendia, circo portato avanti da anni dall’ormai anziano Malaquías. Voce narrante è la Shahrazad del circo, prima trapezista e poi, appunto, narratrice di storie senza fine a cui, poco più che bambina a sua volta, viene affidato il bambino sconosciuto.

“Shahriyàr,” dissi, e suonò come un sospiro, some uno sbuffo.

Come un sollievo o il volo di qualcosa di simile a un sollievo. Un volo che veniva da molto lontano. Come due due ali che sbattono nell’aria.

“Shahriyàr.”

Per tutti gli altri circensi, crescendo, il bambino senza nome diventa Tony Nessuno. Per la sua Shahrazad, inceve, è da subito il Re, Shahriyàr. Tra i due il rapporto è dapprima materno, poi si tramuta in qualcos’altro. Senza subbio una relazione di silente appartenenza smossa da un’infinita solitudine e consapevolezza di essere, in qualche modo, unici al mondo, senza tralasciare il fattore nel non detto su cui si fonda tutto il ritmo narrativo.

“Tu perché pra racconti queste storie ogni sera?” insisté.

“Be’, prima non mi era nemmeno venuto in mente di farlo, ma da quando mi sono fata male al braccio non posso più fare il numero con i trapezi. Allora ho imparato quelle storie e Malaquías mi ha chiesto di recitarle negli spettacoli.”

Shahriyàr rimase zitto, sembrava che volesse chiedermi un sacco di cose.

Il circo raccontato da Andrés Montero nel suo Tony Nessuno è grigio e polveroso, malinconico e triste, che arriva a farsi specchio dell’estrema contraddittorietà e cattiveria degli uomini tramite diverse figure fondamentali che muovono i fili della storia. Così come il finale positivo  delle Mille e una notte viene stravolto, anche il mondo al di fuori dell’ambiente circense trova il suo riflesso nello spettacolo triste, ma sempre vero fatto di acrobazie, coriandoli e racconti.

Tony Nessuno è un romanzo grande nella sua festosa malinconia, che spiazza per la capacità di Andrés Montero di farsi Shahrazad a sua volta, lui che giovanissimo cantastorie lo è anche nella vita, non abbandonando mai quel senso di tensione verso la fine del racconto capace di riservare non poche sorprese.

Pubblicato su il Lunedì dei libri.