Sabato 23 novembre, grazie all’invito di Donn è, associazione di promozione sociale e centro antiviolenza di Ortona, abbiamo tessuto una nuova trama a partire dal libro di Eugenia Prado Bassi (d)istruzioni d’uso per una macchina da cucire (trad. Laura Scarabelli). Cinque lettrici e cinque tessitrici hanno messo in scena il laboratorio tessile dove lavora Mercedes, operaia specializzata che attraverso il suo diario si fa portavoce di un’intera comunità di donne, raccontandone le storie di abuso e sofferenza, ma anche la tenace ricerca di emancipazione. Quando la lettura di un testo diventa collettiva, le energie si moltiplicano. Ringraziamo tutte le donne che hanno contribuito alla realizzazione di questo incontro e riportiamo il testo dell’attivista Benedetta La Penna, con cui abbiamo concluso il reading.
“Oggi qui abbiamo condiviso storie, frammenti di vite cucite insieme come le trame di un tessuto che non si spezza. Abbiamo ascoltato le voci di donne che si ribellano al silenzio, che trovano forza nelle ferite e trasformano il dolore in resistenza. Ma è fondamentale ricordare che le storie che abbiamo sentito non appartengono solo al passato o alla letteratura: sono la realtà che milioni di donne vivono ogni giorno, in Italia e nel mondo.
La violenza di genere non è solo una questione privata, non è un fatto isolato. È un fenomeno strutturale, che permea la nostra società e le sue istituzioni. Quando parliamo di femminicidi, di abusi psicologici, di controllo economico, di molestie sul lavoro, stiamo parlando di meccanismi di potere che limitano e opprimono le donne a tutti i livelli. In Italia, nel 2024, il numero di femminicidi è ancora spaventosamente alto: una donna ogni tre giorni viene uccisa da un uomo che diceva di amarla. Questo dato ci ricorda che non possiamo abbassare la guardia, che il nostro impegno non può fermarsi alle parole.
E non è solo una questione di violenza fisica. La violenza di genere si manifesta anche nei commenti sminuenti, nella discriminazione salariale, nella svalutazione del lavoro di cura che le donne svolgono gratuitamente ogni giorno. È nella narrativa tossica che ancora dipinge l’amore come possesso, nel controllo ossessivo mascherato da gelosia. È nell’idea che una donna debba giustificarsi per ogni sua scelta: per come si veste, per dove va, per chi ama, per quando decide di dire “basta”.
Questi sono segnali di una cultura patriarcale che tenta di controllare, manipolare e intimidire le donne. E se oggi possiamo parlarne, se oggi siamo qui a condividere queste storie, è grazie alla forza di chi non ha accettato il silenzio, di chi ha denunciato, di chi ha lottato e continua a lottare per un mondo diverso.
Pensiamo alle donne in Iran che rischiano la vita per togliersi il velo in segno di protesta, alle attiviste in Afghanistan che continuano a sfidare il regime dei Talebani, alle donne in Palestina che lottano contro l’occupazione e le violenze quotidiane. Ma pensiamo anche a chi vive questa violenza qui, nel nostro Paese, nascosta tra le mura di casa o dietro la facciata di una relazione apparentemente normale. La violenza di genere non conosce confini geografici, culturali o sociali. È un problema globale che ci riguarda tutte e tutti.
Ed è qui che entra in gioco la solidarietà femminista. La sorellanza non è solo una parola: è un’azione, è un impegno. È riconoscere che il dolore di una donna è il dolore di tutte, e che la lotta di una è la lotta di tutte. È tendere una mano a chi soffre, ascoltare senza giudicare, sostenere chi ha il coraggio di parlare e denunciare. È costruire reti di supporto, rompere il silenzio, educare le nuove generazioni al rispetto e alla parità.
Ma non basta fermarsi alla denuncia. Dobbiamo pretendere politiche concrete, servizi di supporto adeguati, leggi che proteggano le vittime e puniscano i colpevoli. Dobbiamo esigere cambiamenti radicali nella cultura e nell’educazione, perché la prevenzione della violenza di genere comincia nelle aule scolastiche, nelle famiglie, nei media che consumiamo.
Oggi, qui insieme, abbiamo tessuto una trama di voci che non può essere ignorata. Abbiamo dimostrato che la nostra forza sta nell’unione, nella condivisione, nel sostegno reciproco.
Perché quando una donna parla, non è sola: parla per tutte noi. E ogni volta che una donna trova il coraggio di ribellarsi, di rompere il silenzio, di prendere in mano la sua storia, fa
un passo verso la libertà di tutte.
Continuiamo a tramare insieme, a cucire una nuova narrazione, dove nessuna di noi rimanga in silenzio, dove la solidarietà diventi la nostra arma più potente contro la violenza.
Non c’è futuro senza libertà e giustizia per tutte. E non ci fermeremo finché ogni donna non sarà libera di vivere la sua vita senza paura, con dignità e rispetto.
Grazie per essere parte di questa lotta. La nostra resistenza continua, e nessuna resterà indietro.”
In foto: le tessitrici dell’Associazione Aracne, le lettrici Marianna, Maura, Valentina, Elisa e Antonella e Daniela alla macchina da cucire