Per una volta il racconto non è quello degli sbarchi e di navi bloccate negli abissi del Mediterraneo come se trasportassero materiale pericoloso e non esseri umani; ma a prendere forma, attraverso il fumetto e la fotografia, sono le storie dei migranti. Mirko Orlando ci regala una prospettiva diversa con “Paradiso Italia”, un’opera di graphic journalism della casa editrice italo – cilena Edicola Ediciones.

Un lucido reportage fotografico che riesce a catturare gli stati d’animo di chi arriva dal sud del Mondo e, spera, nel nostro Paese, finalmente, di raggiungere la tranquillità seppur con un fardello pesante da sopportare fatto di dolore per nuclei familiari smembrati e sogni infranti. L’autore riesce a confondersi tra chi viene da Stati diversi e vive ai confini delle periferie. Ne percepisce malumori, risentimenti nei confronti della politica italiana che è analizzata senza fare sconti e riesce a comprendere le complessità di uomini e donne che vivono uno stato perenne di transizione senza mai appartenere veramente a un posto.

 Il graphic novel di Orlando può definirsi una sintesi della sua biografia in cui i tre punti chiave sono la fotografia, l’illustrazione e la scrittura. Diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Roma, fotografo sotto la guida di Roberto Bassaglia e Nicola Smerilli, viaggiatore incallito. Collabora a lungo con la stampa periodica nazionale. Nell’ultima opera,  il giovane scrittore riesce a unire generi diversi per raccontare storie che scandiscono il nostro tempo.

Il libro si apre con alcune immagini simboliche come la mattanza dei cani che simboleggia la perdita della speranza in una vita dignitosa e le mani grandi, sproporzionate rispetto al resto del corpo: emblema del senso di impotenza che attraversa tutta la narrazione. Il fotografo italiano decide di mangiare con i migranti, di vivere con loro per raccontare la quotidianità e sdoganare qualsivoglia luogo comune attorno al tema dell’immigrazione. I protagonisti della storia sono: gli occupati delle palazzine dell’ex Moia di Torino, i rifugiati delle baracche nella periferia di Ventimiglia, chi tenta di fuggire tra le navi della Val di Susa, i braccianti del ghetto Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia. I migranti vivono, dunque, in luoghi periferici senza poter accedere a beni primari come acqua, cibo, elettricità. Quel paradiso tanto agognato si trasforma paradossalmente in una prigione da cui spesso è impossibile fuggire. Senza troppi giri di parole il lettore è invitato a considerare una realtà che non può e non deve essere ignorata, perché l’indifferenza uccide la dignità e i diritti umani. 

 

Pubblicato su LSDmagazine.