In occasione dell’uscita dei volumi “Il sorriso di Víctor Jara” di Jorge Coulon e “Victor Jara. Un canto di libertà” di Rodrigo Elgueta e Carlos Reyes abbiamo dedicato alla straordinaria figura di Victor Jara un approfondimento speciale, grazie ai contributi degli autori dei libri. Cantautore, regista teatrale e attivista cileno, impegnato nella resistenza contro la dittatura di Pinochet e per questo brutalmente ucciso nel 1973, Jara è stata e continua a essere una figura di riferimento del panorama artistico cileno e non solo, un esempio di come arte e attivismo politico possano prendere slancio l’uno grazie all’altra, creando comunità e trasmettendo culture e immaginari attraverso il tempo e lo spazio. Qui vi raccontiamo alcuni aspetti della sua vita, invitandovi alla lettura dei due volumi – che nella nostra visione si parlano e si completano a vicenda – per un approfondimento su una figura estremamente ricca e significativa della cultura mondiale.

 

Nato nel 1932 e di origine contadina, Jara divenne una figura chiave della Nueva Canción Chilena, movimento musicale iniziato negli anni Sessanta, che affondava la propria prospettiva di cambiamento nella musica popolare e che presto consolidò la propria identità sociale nell’impegno politico. Tra i suoi esponenti, anche la famosissima Violeta Parra e gli stessi Inti Illimani
 Ma la sua arte non si fermava alla musica. Anzi, Jara incarnava un pluralismo di talenti e inclinazioni attraverso cui esprimeva, prima ancora che una passione politica e sociale, un’indole aperta e un’intelligenza entusiasta. Jorge Coulón lo descrive così: “professionalmente, Víctor Jara era prima di tutto un regista teatrale. Fece la scuola di teatro e, come ipotizzo in Il sorriso di Víctor Jara, avendo un forte accento contadino più che la passione teatrale scelse la direzione teatrale. E fu un direttore estremamente creativo: più volte riconosciuto dai principali giovani registi dell’America Latina, ha poi lavorato con i nomi più importanti del settore, tra cui, per esempio, Atahualpa del Cioppo, grande regista uruguayano. E fu proprio nell’ambiente teatrale che cominciò a coltivare la sua vena di cantante di musica tradizionale. Sua madre stessa era una cantora: cantava ai battesimi, ai matrimoni, ed era stato così che Jara aveva sviluppato una naturale propensione a fare musica. Musica di radice soprattutto contadina, che lo ha fortemente segnato anche come cantautore. Un’altra sua passione era la danza: la praticava ed era molto plastico nei movimenti. Era sposato alla prima ballerina più importante che abbia avuto il balletto nazionale cileno, Joan Turner. E poi assorbiva tutto, leggeva tanto, si informava, era cultore del buon cinema. Era una persona che partecipava tantissimo”. 

La Nueva Canción Chilena non poteva che diventare la casa perfetta per una persona come Jara, con il suo progetto di rinnovamento radicato nelle esperienze, nelle lotte e nelle arti delle classi popolari e delle popolazioni originarie, che tanto spazio trovarono nelle canzoni dell’artista. La stessa Parra, della Nueva Canción, diceva che non era una cosa da intellettuali, ma da operai, contadini e studenti. Un’opposizione che ci parla di un progetto politico mirato e allo stesso tempo di ampio respiro, fermo nel tenere al centro le relazioni sociali – in chiara contraddizione con la visione neoliberale che avrebbe presto preso piede su scala globale. 
 
Un’idea particolarmente importante, soprattutto “nel contesto della congiuntura culturale dei primi anni ’70, in piena guerra fredda e con l’interventismo aggressivo del governo statunitense nei paesi dell’America Latina. In quel periodo – ci spiega Rodrigo Elgueta – era fondamentale l’unità della popolazione cilena e latino-americana e, per questo, era necessario integrare eticamente ed economicamente le classi popolari tanto emarginate. E il canto nuevo era uno di questi sforzi per la costruzione della coscienza di unità di classe per tutti i paesi dell’America del Sud. Ma, in qualche misura, tale messaggio è attuale anche per questo secolo ed è importante prenderlo in considerazione”. Anche rispetto al proprio personale impegno artistico: “nel nostro caso, il fumetto è un esempio di arte popolare. Funzionando secondo i meccanismi di percezione e pensiero umani, il suo apprezzamento è un’attività creativa molto intuitiva, presente in tutti i continenti. Noi stessi, io e Carlos, siamo di origine operaia e contadina e siamo lavoratori che realizzano fumetti nel tempo libero. Facciamo un lavoro senza dubbio intellettuale, ma non apparteniamo a un’élite.”

Alla Nueva Canción Jara era arrivato dopo essersi unito al gruppo folk Cuncumén nel 1957 e aver conosciuto Violeta Parra, che lo incoraggiò e orientò le sue aspirazioni musicali. Musica e politica per loro andavano a braccetto: Jara era là dove si faceva la storia, che si trattasse di viaggiare fino a Helsinki per sostenere una protesta mondiale contro la guerra in Vietnam o di appoggiare attivamente la campagna del partito Unidad Popular. Ormai artista nel pieno del suo fulgore e punto di riferimento nazionale, dopo essere stato arrestato e detenuto per 4 giorni nell’Estadio Chile – convertito in campo di concentramento dal regime di Pinochet – venne ucciso subito dopo il colpo di Stato nel 1973
 
Una perdita che non è però caduta nel vuoto, anche grazie alla determinazione della moglie Joan Turner, morta nel novembre del 2023, che con il suo impegno ne ha tramandato l’eredità e ha contribuito a trasformare Jara in un simbolo. Ricorda Carlos Reyes: “Insieme a Violeta Parra, è stato uno degli artisti più rilevanti del paese. Le sue canzoni, la sua voce, il suo sorriso e la sua musica mi sono sempre stati vicino. Ricordo di aver ascoltato la sua musica da molto giovane e di aver sentito la rabbia, la furia, per il suo brutale assassinio. Quel giorno i militari, scagnozzi di Pinochet, hanno ucciso un uomo ma, così facendo, hanno creato un mito, un essere immortale. Il suo assassinio è stato un crimine d’odio che cercava di spegnere una voce scomoda… ma non ci sono riusciti. Abbiamo però perso un artista genuino e geniale che ha fatto arte con un impegno politico e sociale oggi impensabile”.

Ancora oggi, infatti, l’eredità artistica e politica di Jara continua a risuonare nei cuori e nelle strade dell’America Latina, dando voce ai movimenti, che di arte e musica si alimentano e che attraverso di esse si esprimono. Durante le proteste di piazza del 2019, quando il popolo cileno manifestava contro il sistema neoliberista ereditato dalla dittatura e radicatosi nel paese un governo dopo l’altro, le note che riecheggiavano per le strade della capitale Santiago erano quelle di El derecho de vivir en paz, canzone composta quasi cinquant’anni prima da Víctor Jara e scelta da più di un milione di persone come inno della nuova rivolta, immettendo quindi la loro esperienza nel filone della storia che comprende anche il progetto socialista promosso da Allende e dai suoi sostenitori. Spiega Coulón, ricordando insieme a Jara la propria storia di impegno politico dagli anni Settanta fino a oggi: “Abbiamo sempre preteso che la musica cambiasse le cose o che fosse un elemento germinale nei movimenti sociali. Al contrario, sono i movimenti sociali che, quando nascono, crescono e si sviluppano, attraggono i creativi, i quali poi fanno la loro parte al loro interno. In quegli anni, sentivamo che il nostro ruolo era importante perché in primo luogo era il movimento a sentire che le canzoni erano importanti, che lo era la partecipazione dei musicisti. Bisogna dire anche che non sono stati parte di questo movimento soltanto i musicisti come noi, di musica tradizionale, o folk, ma anche i musicisti accademici e colti delle orchestre filarmonica e sinfonica e i musicisti delle orchestre più popolari, che suonavano nelle balere. Anche i loro sindacati hanno partecipato fortemente al movimento sociale che prima ha portato Allende al potere e che poi nel potere lo ha sostenuto. Questo ruolo dei musicisti esiste nella misura in cui esiste il movimento. Quando c’è stata la ribellione popolare del 2019, la gente ha cominciato a cantare le stesse canzoni di allora: ci siamo fatti parte anche di questo movimento, perché sono i movimenti a generare la musica e l’arte e non gli artisti a creare i movimenti”. 

 

“Víctor Jara è stato un artista, un attore, un regista che ha sempre cercato qualcosa di nuovo. Un rivoluzionario che ha vissuto al di là della comodità: il suo stato naturale era l’esplorazione. Fino alla fine ha cercato di rompere gli schemi che gli volevano imporre come artista. E oggi, grazie agli omaggi che artisti di tutto il mondo gli hanno tributato, è una leggenda viva e luminosa.”

– Carlos Reyes