Durante la pandemia, la tendenza che già vedeva crescere il ruolo ricoperto dal delivery nelle abitudini di consumo ha subito un’impennata. Gli ordini online sono aumentati vertiginosamente. Tuttavia, quella che avrebbe potuto restare soltanto una competizione impari fra i singoli negozi e i colossi dell’online, in alcuni casi si è trasformata in progettualità. Anche per contrastare una nuova concezione di distribuzione che non solo distrugge i legami e gli scambi con i clienti, ma che soprattutto si regge sullo sfruttamento di lavoratori precari e senza tutele, sono nati alcuni esempi virtuosi di librai che non sono mai stati convinti dalla storia per cui il mercato editoriale è destinato a morire.
Mattia Garavaglia e Ismael Rivera hanno messo in campo risorse ed esperienze che si parlano dall’Italia al Cile. Mattia cura La Libreria del Golem a Torino. Determinato a non lasciare che il capitale di relazioni umane della libreria andasse perduto, ha inforcato la bicicletta e si è occupato personalmente di consegnare i libri a domicilio.
Ismael, oltre a occuparsi della Libreria Pedaleo a Santiago del Cile, ha pubblicato libri di poesia e album musicali. È inoltre fondatore ed editore di Ediciones Oxímoron. Anche lui, insieme ai suoi colleghi, affettuosamente chiamati Las Canillitas Anarquistas, ogni giorno sale in sella e pedala per chilometri, per assicurarsi che nessuno resti escluso dalla possibilità di accedere alla lettura. Li abbiamo intervistati entrambi. 

Com’è nata l’idea di consegnare i libri in bicicletta?
MG: L’idea mi è venuta prima del primo lockdown (febbraio 2020): si cominciava a presagire la chiusura dei negozi e delle attività e le persone si sentivano poco sicure ad andare in giro. Si avvertiva che qualcosa sarebbe cambiato di lì a poco, perciò ho pensato che non potevo rimanere con le mani in mano e ho detto “se non venite voi da me, vengo io da voi”.
IR: L’idea nasce da Carlos Cardani e dalla sua libreria Pedaleo. Con la pandemia, la necessità di coprire più territorio si è fatta evidente e, con lei, l’arrivo de Las canillitas anarquistas è stato inevitabile. Sostanzialmente siamo amici e amiche che si dedicano alla letteratura, amano la bicicletta e hanno idee tendenti all’anarchico. Il nome nasce quasi per scherzo, ma il suo significato profondo è serio. Il lavoro consiste nel consegnare libri in territori dove quasi non arrivano o dove non arrivano per nulla. In comuni dove non esistono librerie o biblioteche. Lo facciamo in bici come gesto politico.

Qual è la tua giornata tipo?
MG: La mia giornata tipo si svolge così: faccio i pancake a colazione, vado al distributore a prendere i libri in bicicletta e apro la libreria. Consiglio libri, bevo caffè, torturo affettuosamente Chiara (la nuova arrivata in libreria), cerco di rimanere aggiornato sulle nuove uscite. Alcuni giorni ci troviamo a spacchettare un sacco di scatoloni di libri nuovi.
IR: Un giorno di consegne implica: alzarsi alle 8, preparare il percorso in Google Maps, sistemare i libri per ordine di consegna nello zaino (da campeggio, porta fino a 40 chili), uscire di casa verso le 10:30. Normalmente copro il percorso in 3 o 4 ore. Percorro tra i 35 e i 50 chilometri. Questo ogni lunedì. Ogni canillita copre un settore di Santiago e attualmente arriviamo a coprire il 90% del territorio della metropoli.

Il tuo rapporto con i lettori e, più in generale, il tuo modo di pensare questo lavoro sono cambiati da quando si è scatenata la pandemia?
MG: Con la pandemia il rapporto con i lettori è diventato più fluido: oltre al dialogo in libreria, si sono trovati nuovi modi e nuovi spazi di comunicazione e scambio. Anche in quest’ottica è nata la newsletter, per stare vicini ai nostri lettori e consigliare sempre cose nuove, che siano libri, film, musica o altri stimoli.
IR: Più che cambiare, è accresciuto. Molti dei posti dove consegno si ripetono settimana dopo settimana, e questa continuità inizia a generare un legame tra chi compra e chi consegna. Nasce una complicità che si manifesta in mance, le quali solitamente sono birre, qualche snack per il viaggio, e qualche volta anche marijuana. Come canillita, non ci resta altro che ringraziare.

Ci puoi raccontare cosa ti ha colpito di più, in positivo e in negativo, di questa esperienza e dei tuoi giri in bicicletta?
MG: Gli effetti positivi di andare in bicicletta sono in primo luogo avere gambe splendide. A parte gli scherzi, è stato e continua ad essere bello raggiungere i lettori sparsi per la città. Il lato negativo è che ad un certo punto sopraggiunge la stanchezza! Una cosa stancante è anche continuare a trovare modi nuovi di arrivare ai lettori e reinventarsi di continuo.
IR: In negativo, la disuguaglianza. Percorrere i diversi comuni rende evidenti le profonde differenze che esistono e come è diverso vivere una pandemia a Vitacura piuttosto che a Cerro Navia. Mentre nei quartieri abbienti abbondano le aree verdi e i parchi giochi, nelle periferie ci sono solo terra e terreni incolti. Più ricco è il quartiere e più gente che fa l’elemosina o che fruga nei cestini vedi. È triste. In positivo, mi sorprendono i giovani lettori e quello che leggono. Tanta filosofia politica, poesia contemporanea e narrativa latinoamericana. E anche come questi tipi di lettura siano trasversali. Si legge in periferia e nel quartiere alto, cambiando così l’egemonia del sapere ostentata dell’accademia per una possibile educazione autodidatta.