Sulle cose che mi sono successe
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«Non mi è successo nulla, solo la vita.»
Augusto D’Halmar
Pubblicato per la prima volta in Cile nel 1990 a spese dell’autore, Sulle cose che mi sono successe è il diario intimo di un uomo comune, una successione di osservazioni e descrizioni, piccoli avvenimenti e brevi conversazioni, fenomeni quotidiani liberi dalla responsabilità di dover avere per forza un qualche significato.
Dopo aver circolato tra i lettori in maniera informale, il libro di Marcelo Matthey è diventato negli anni oggetto di mitizzazione letteraria, è stato studiato all’università e trasformato nella sceneggiatura di un breve documentario. Probabilmente perché racconta, con una prosa neutra e distaccata, la materia stessa di cui è fatta la vita: accadimenti e riflessioni che in genere si perdono nel tempo e che qui invece lasciano una traccia indelebile.
«Credo che non sarebbe scorretto dire che la vita di Matthey è priva di qualsiasi interesse, almeno nel senso convenzionale della parola. Fa parte di un coro da camera in qualità di appassionato, cammina per i dintorni di casa sua nel centro di Santiago e si reca sporadicamente a El Tabo, dove la sua famiglia possiede una casa estiva. Nella sua vita tutto sembrerebbe essere strettamente normale, salvo per alcuni dettagli leggermente sinistri. Ricordo quel che mi ha detto il filosofo Pablo Oyarzún dopo averlo letto: “È noiosissimo, ma proprio noiosissimo.” Invece che un difetto, mi ha fatto capire che si trattava di una virtù.»
dal prologo di Cristóbal Joannon
«Ogni volta che rileggo i libri di Matthey mi avvolge la sensazione di una scrittura che dona una chiarezza salutare. Non conosco un altro caso nella letteratura cilena nel quale la realtà sia così rappresentata dall’esposizione diretta.»
Roberto Merino, poeta e scrittore cileno
