INRI
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«In una terra nemica è comune che le stelle formino una croce sopra i nostri volti morti.»
“A Raúl Zurita sono bastate una decina di pagine su una rivista per lasciare un segno indelebile nella poesia cilena. La rivista si chiamava Manuscrito e nella dittatura installata di recente (era il 1975) rappresentò una boccata d'aria fresca. La rivista resistette soltanto un numero, ma nessuno poteva aspettarsi che Áreas verdes, dello studente di ingegneria Raúl Zurita, 25 anni, fino ad allora rigorosamente inedito, si sarebbe rivelato un tale successo. La poesia cilena aveva fino ad allora viaggiato dalla parola tellurica e totale di Pablo Neruda all’ironia geometrica di Nicanor Parra. Zurita, che conosceva la matematica quanto Parra ma che si abbeverava alle acque oscure del Neruda di Residencia en la tierra, cercò di coniugare entrambe le possibilità, creandone una terza, la sua… Tutta la poesia di Zurita è il combattimento interiore di un uomo che abita sé stesso con tutti i disagi del mondo. Qualcuno costretto a dare tutto per parlare di ciò che non ha un nome, che ovviamente è il dolore, ma che a volte può essere anche l’amore che, come in Dante, appare solo per scomparire meglio.” Rafael Gumucio, El País
Legate una all’altra da continui rimandi, le poesie di INRI compongono un unico ciclo poetico-narrativo che intreccia i sublimi paesaggi del Cile alla barbarie dell’animo umano. Protagonista di questa melodia che commuove e ipnotizza è la moltitudine di corpi senza nome cui è stato negato un ultimo abbraccio, un ultimo saluto, un ultimo sogno. I desaparecidos della dittatura sono ora pasture per pesci, fiocchi di neve, conigli feriti, fantasmi abbandonati in una nave inclinata nel deserto di Atacama. Sono loro i resti di una gioventù perduta, di speranze infrante. Sono come Cristo.
E anche in queste pagine la caduta vive nel contrasto con l’ascesa, la morte in quello con la resurrezione, l’atrocità in quello con la dolcezza. Dolcezza delle madri come Viviana, che coccola i pesci carnivori perché nelle loro pance c’è il figlio. E dolcezza della natura, che si fa carico della violenza umana e culla quelle spoglie senza vita.
Di questa folla di scomparsi si colgono soltanto alcuni nomi: Bruno, Susana, Odette, María, Rubén. Gli altri sono destinati all’oblio, a meno che l’arte non li riscatti e dia loro una salvezza.
Traduzione e cura di Amaranta Sbardella
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