Quando vedo libri di cinquecento, seicento, settecento pagine, storco sempre il naso.
Il mio primo banalissimo pensiero è: cosa avrai mai da raccontarmi, caro autore, che non possa essere fatto con duecento o trecento pagine in meno?
Allo stesso modo, pungolata da un pregiudizio della stessa specie, i libri molto brevi m’instillano il dubbio che qualcosa possa essere sfuggito e che la superficialità possa aver avuto la meglio.
Non è quest’ultimo il caso di C’era una volta un passero, breve raccolta di racconti di Alejandra Costamagna, pubblicata nel 2016 dalla casa editrice italo-cilena Edicola Ediciones.

C’era una volta un passero

I  tre racconti brevi ambientati in Cile durante gli anni della dittatura di Augusto Pinochet, hanno un’intensità tale da restituire al lettore un intero mondo di umanità ed emozioni.

Le storie raccontate hanno per protagoniste ragazze adolescenti e preadolescenti, costrette a fare i conti con il devastante ma silente cambiamento delle loro condizioni familiari, dovuto all’instaurazione della dittatura e alle conseguenti epurazioni che hanno toccato le famiglie di persone comuni.
Una realtà immobile ma estremamente pericolosa, che condiziona le loro vite ma di cui, in fondo, non comprendono la vera essenza, escluse da qualsiasi informazione che dovrebbe giungere loro dagli adulti che le circondano e che invece altro non fanno che chiudersi in silenzi duri come la pietra, seppur a volte sospesi da lacrime di dolore e impotenza.

E così, la dittatura, gli arresti immotivati, la scomparsa dei punti di riferimento affettivi, la perdita e la morte si fanno largo nelle vite di ragazze che vorrebbero solo giocare, ridere, sognare, imbellettarsi e innamorarsi, come dovrebbe essere concesso a qualsiasi giovane di quella età, prima che in loro si faccia largo la presa di coscienza che il mondo non è un posto sempre semplice e accogliente.
È nel racconto che dà il titolo al libro che questa consapevolezza si fa più tagliente e funesta, con la tenerezza di una figlia che ha visto incarcerare il padre e che si rende conto che nulla sarà più lo stesso.

Tempo dopo saprò che quelle frasi non sono sue, ma di un poeta che lo affascina. Povero papà, forse non ha fantasia. Me ne vergogno un po’ per lui. E mi fa pena. È una pena simile a quella che mi fa mia madre quando la vedo mandare fuori il fumo, silenziosa, con gli occhi stretti su una di quelle lunghe lettere che mio padre ci va consegnando a ogni visita. Ma io non so piangere a comando, quindi non posso farle compagnia nel pianto e nei raschi di gola. Questo è quello che mi fa più pena.

Con uno stile efficace, icastico ma mai ridondante, la Costamagna ci parla di dolorose assenze – quelle di tutti gli imprigionati politici, che ricadono sulle attonite famiglie – e di pesanti presenze – quella della dittatura, che s’instaura improvvisamente e distrugge la libertà degli individui, ma anche quella dei ricordi di un tempo che non tornerà mai più.
Una vicenda storica oscura che non deve essere dimenticata.

un libro per chi: vuole affrontare una terribile vicenda storica da un punto di vista diverso dal solito, quello dei bambini

autore: Alejandra Costamagna
titolo: C’era una volta un passero
traduzione: Maria Nicola
editore: Edicola Ediciones
pagg. 75
€ 10

 

Pubblicato su la Lettrice geniale.