La graphic novel Paradiso Italia si apre con una visione dell’Eden che contiene in sé tutto il dolore e la rassegnazione dell’essere umano, ormai isolato e privo di speranza.

Il Paradiso del titolo diventa quindi l’ennesima rappresentazione di un muro, di un luogo in cui si è separati dagli altri, come raccontato dall’autore: “Etimologicamente, paradiso significa recinto”.

Un Eden in cui “neppure Dio si è voluto condividere”, una condizione primordiale che in poche tavole viene trasposta alla contemporaneità, nell’assurda divisione tra fratelli appartenenti alla stessa razza umana, nella cieca intolleranza verso il diverso.

La realtà dei migranti clandestini in Italia è il tema di questa lucida, cruda eppur poetica opera; il fotogiornalista Mirko Orlando non si lascia andare a pietismi e falsi moralismi e racconta la sua esperienza a diretto contatto con chi rimane invisibile agli occhi della società, nonostante la sua disperata richiesta di poter un giorno chiamare casa questa inospitale terra straniera.

“Let us help us” è il grido che riecheggia tra le pagine della graphic novel e tra le pareti scrostate delle palazzine dell’ex Moia di Torino o tra le baracche fatiscenti nella periferia di Ventimiglia. In fondo è questo che chiedono i migranti: avere la possibilità di potersi aiutare da soli a ricostruire con dignità la propria vita.

E invece non rimane loro che protestare, fuggire e sopportare, tre termini che nell’opera diventano i titoli delle parti in cui è divisa la narrazione. Una narrazione che miscela scrittura, fotografia e illustrazione, e che mentre mostra la realtà più dura riesce a evocare immagini simboliche di grande impatto, che colpiscono con la loro violenta espressività.

È considerevole la scelta di riportare il punto di vista dei migranti, di dare voce non solo al loro dolore ma anche alle loro lucide riflessioni sulla situazione italiana, sugli errori dei governi, sulle illogiche pratiche di gestione della loro esistenza.

Mirko Orlando riesce a restituire il ritratto di questi uomini e donne senza scadere nella retorica buonista, senza voler mostrare a tutti i costi solo i lati più in luce; l’autore è infatti interessato anche alle ombre presenti nell’anima, alcune connaturate in loro, altre nate dalla disperazione e della violenza subita.

Ombre che vanno accettate e comprese, rappresentate attraverso una scrittura incisiva, attraverso una fotografia che predilige i ritratti ravvicinati, che scruta gli occhi, che scolpisce i volti, e attraverso uno stile di illustrazione che scompagina la realtà, che la rende spesso un incubo a occhi aperti. Eppure gli sguardi dei migranti riescono ancora a emanare calore, voglia di vivere e dignità.

 

Pubblicato su Il Progresso magazine.