Come sapete marzo in casa #BBB è passato con gli amici di Edicola Edizioni. Abbiamo letto Kramp di Maria José Ferrada, un bellissimo romanzo che parla del rapporto di un padre con la figlia, di come questo possa essere intenso e totalizzante e di come può deteriorarsi.

Per conoscere qualcosa in più su Kramp vi rimandiamo alla recensione di Silvia de Il piacere della lettura, mentre noi vi lasciamo all’intervista che abbiamo fatto a Marta Rota Núñez, traduttrice del romanzo. È un’intervista davvero bellissima, perché Marta ci spiega con entusiasmo e passione il “viaggio” nel mondo della traduzione editoriale e quello nel mondo di Kramp!

Come si diventa traduttori/traduttrici? Qual è il percorso di studio e lavorativo che hai fatto per arrivare dove sei ora?

Il mondo della traduzione è estremamente vasto e comprende molti settori. Ho l’impressione che spesso, però, intorno a quello editoriale si crei un’aura d’impossibilità e mitizzazione, come se per diventare traduttori editoriali ci volessero una ricetta magica o una fortuna sfacciata. È un’idea che non mi piace, quindi direi che, come per ogni professione specializzata, traduttori si diventa prima di tutto studiando, formandosi in modo continuo e adeguato, e poi scegliendo con cura delle esperienze, lavorative e non, che aiutino a specializzarsi nel proprio ambito d’interesse e a costruirsi un percorso professionale. I miei studi sono stati molto mirati – ho frequentato la laurea triennale in Mediazione Linguistica e Interculturale e poi la magistrale in Traduzione Specializzata, entrambe all’Università di Bologna. Per perfezionarmi, ho proseguito con una specializzazione post-laurea in Traduzione Editoriale presso l’agenzia formativa tuttoEuropa di Torino e ho scelto di svolgere due stage all’interno della redazione di due case editrici, in modo da conoscere più da vicino questo mondo. Poi viene la frequentazione di fiere ed eventi del settore, le tante letture, il tempo speso a partecipare a concorsi, studiare le case editrici o elaborare proposte di traduzione. Bisogna avere determinazione, pazienza, passione e grande intraprendenza.

Com’è nato invece il sodalizio con Edicola Ediciones?

È stato un incontro fortunato. Avevo conosciuto Paolo nell’aprile del 2017, durante la Children’s Book Fair di Bologna. Era il responsabile della delegazione cilena e aveva organizzato la presentazione di Il segreto delle cose, il primo libro di María José Ferrada che ho tradotto come tesi di laurea ed è poi uscito per Topipittori. Quando María José ha scritto Kramp, entrambi l’abbiamo letto e ce ne siamo innamorati. Paolo e Alice volevano pubblicarlo in Italia, io volevo tradurlo ed ero alla ricerca di un editore. Ci siamo incontrati nel mezzo, direi. Ed è andata così bene che l’anno dopo ho deciso di provare a far incontrare altri due desideri, quello di conoscere il Cile e quello di fare un’esperienza all’interno di una casa editrice. Così ho mandato una mail a Edicola con oggetto: “Proposta (spero non troppo) indecente”. Un mese dopo ho fatto le valigie e li ho raggiunti a Santiago.

Sappiamo che hai avuto modo di vivere la casa editrice in Cile, com’è stata questa esperienza? Hai potuto conoscere l’autrice (María José Ferrada) di Kramp, libro che hai tradotto per Edicola?

L’esperienza in Cile con Edicola è stata un concentrato di meraviglia, scoperta e apprendimento su tutti i fronti. Sperimentare il lavoro di una casa editrice dall’interno è utilissimo per un traduttore: si impara che cosa significa stare “dall’altro lato”, qual è il modo di lavorare dell’editore, quali sono le sue esigenze, i suoi tempi, come funziona una revisione, ecc. Farlo in Cile, poi, è stata la ciliegina sulla torta: ho potuto esplorare un panorama editoriale del tutto nuovo, vivere sulla mia pelle un’altra cultura, prendere confidenza con una diversa varietà dello spagnolo… Difficilmente avrei potuto fare un’esperienza più completa. Per quanto riguarda María José, ci eravamo già conosciute a Bologna qualche anno fa, ma a Santiago ci siamo viste spesso, abbiamo lavorato fianco a fianco alla traduzione di un suo nuovo libro autobiografico e fatto un viaggio insieme nella regione dell’Araucania, in cui è ambientato Kramp. Un momento davvero unico e prezioso.

Com’è il rapporto tra traduttore ed autore, se ce n’è uno? O tutto il lavoro è filtrato dalla casa editrice?

Come per ogni rapporto umano, dipende dalle singole persone. Ci sono casi in cui è del tutto inesistente, perché non ce n’è bisogno e nessuno dei due lo cerca; o, nei casi più sfortunati, perché l’autore non è disposto a collaborare. A me finora non è mai successo. Direi che quando è necessario per esigenze lavorative, la prassi è che ci sia uno scambio di mail diretto tra traduttore e autore, in cui talvolta s’introduce anche l’editore e/o revisore. Se tutti collaborano, il confronto può essere molto costruttivo. E poi ci sono i casi più fortunati, in cui il piacere di conoscersi al di là della sfera lavorativa è reciproco e può nascere una bella amicizia.

Soffermandoci su Kramp, di cui hai appunto curato la traduzione, è un romanzo molto breve, ma veramente intenso che ha un linguaggio particolarmente evocativo e musicale. Quanto a livello tempistico ci è voluto per concludere la traduzione di questo romanzo e come hai reso questo aspetto musicale della lingua?

È vero, la forza di Kramp sta proprio nella musicalità della lingua e nella potenza delle immagini. In romanzi di questo tipo, il tempo è un fattore chiave, perché richiedono un lungo lavoro di limatura. Io ho avuto la fortuna di avere a disposizione circa tre/quattro mesi, perché il piano editoriale di Edicola lo permetteva. Quindi ho potuto fare quello che, idealmente, bisognerebbe fare sempre: lasciar “riposare” la traduzione, abbandonarla fino quasi a dimenticarla, e rivederla in un secondo momento. L’ho riletta moltissime volte, spesso anche ad alta voce, fino a trovare l’atmosfera e il ritmo giusto. Ricordo che ho persino mandato una registrazione del primo capitolo a María José, per farle sentire come “suonava” il suo Kramp italiano… La ricerca di quella musicalità è stata centrale.

Ci sono state parti del romanzo particolarmente ostiche da rendere in italiano? O al contrario parti che venivano naturali anche nella nostra lingua?

Parti vere e proprie no, non che io ricordi. Direi che ci sono state due difficoltà principali. La prima, nel lavoro di analisi precedente alla traduzione. Nei testi di María José ci sono immagini, strutture, parole che ricorrono; chi conosce la sua intera opera ne può percepire il peso, l’importanza. Perché tutto ciò non si perda nella traduzione, è necessario essere molto meticolosi: notare – e annotare – i continui riferimenti intratestuali, e mantenerli anche nella lingua di arrivo. La seconda difficoltà riguardava l’ultima fase, ovvero il lavoro sul testo di arrivo. La ricerca della poesia nell’essenzialità. In questo caso, l’affinità tra italiano e spagnolo mi è stata d’aiuto, perché anche la nostra bella lingua, proprio come lo spagnolo, permette di ottenere una musicalità di questo tipo.

Ci sono delle attività che compi sempre durante il tuo lavoro? Creare un’atmosfera particolare, guardare determinati film o ascoltare della musica in relazione a quello che traduci? Hai fatto qualcosa di particolare per calarti meglio nel mondo descritto in Kramp?

Una cosa che cerco di fare sempre è conoscere il più possibile l’autore, sia attraverso la sua opera che la sua autobiografia. È incredibile quante cose “tornino” di colpo, quando si capisce da dove vengono. Per il resto, dipende molto dai libri: alcuni necessitano di ricerche specifiche su un argomento, o di calarsi in un contesto storico o in un gergo particolare, altri invece no. Prima di tradurre Kramp, ho letto molti altri libri di María José. Sono quasi tutti libri di poesia per bambini, tutt’altro genere rispetto a Kramp, eppure sono stati fondamentali per appropriarsi del suo ritmo, entrare in quell’immaginario, comprendere il modo in cui M, la piccola protagonista del romanzo, vede il mondo. E poi ho guardato il film che viene citato in apertura: Paper Moon, di Peter Bogdanovich. Un film ambientato in Kansas negli anni Trenta, per calarmi in un romanzo che parla del Cile degli anni Settanta… Può sembrare un paradosso, ma ci sono storie che non hanno tempo né geografia, e credo che Kramp sia proprio una di queste.

Come non è ancora finito marzo, non abbiamo ancora finito del tutto di parlarvi di questa casa editrice. Su Book Bloggers Blabbering vi terremo ancora compagnia parlando di Edicola!

Noi ringraziamo tantissimo gli editori di Edicola, Alice e Paolo e Marta che ci ha aiutato a capire meglio come funziona questo oscuro mondo della traduzione e ci ha fatto immergere ancora di più nel magico romanzo Kramp!

 

Pubblicato in Tararabundidee.