Nel 1986, a Santiago del Cile, durante una riunione dei partiti di sinistra, Pedro Lemebel intervenne leggendo questo manifesto, contenuto nel libro Folle affanno. Cronache del contagio (traduzione di Silvia Falorni)
Non sono Pasolini che chiede spiegazioni
Non sono Ginsberg espulso da Cuba
Non sono un frocio mascherato da poeta
Non ho bisogno di maschere
Questa è la mia faccia
Parlo in nome della mia differenza
Difendo ciò che sono
E non sono poi così strano
Mi fa schifo l’ingiustizia
E non mi fido di questa cueca democratica
Ma non parlatemi di proletariato
Perché essere povero e frocio è peggio
Bisogna essere acidi per sopportarlo
È girare alla larga dai machos dell’angolo
È un padre che ti odia
Perché il figlio è dell’altra sponda
È avere una madre con le mani spaccate dal cloro
Invecchiate di pulizie
Che ti cullano ammalato
Per cattive abitudini
Per cattiva sorte
Come la dittatura
Peggio della dittatura
Perché la dittatura passa
E arriva la democrazia
E subito dopo il socialismo
E poi?
Che ne farete di noi, compagni?
Ci legherete per le trecce come pacchi
indirizzati a un centro per malati di aids cubano?
Ci metterete su qualche treno diretto da nessuna parte
Come sulla barca del generale Ibáñez
Dove abbiamo imparato a nuotare
Ma nessuno ha raggiunto la costa
Per questo Valparaíso ha spento le sue luci rosse
Per questo le case chiuse
Hanno regalato una lacrima nera
Ai frocetti mangiati dai granchi
Quell’anno che la Commissione per i Diritti Umani
non ricorda
Per questo compagni vi chiedo
Esiste ancora il treno siberiano
della propaganda reazionaria?
Quel treno che attraversa le vostre pupille
Quando la mia voce diventa troppo dolce
E voi?
Che cosa farete con quel ricordo di noi bambini
Che ci masturbavamo e non solo
Durante le vacanze a Cartagena?
Il futuro sarà bianco e nero?
Il tempo scandito da notte e giorno lavorativo
Senza ambiguità?
Non ci sarà un frocio in qualche angolo
a destabilizzare il futuro del vostro uomo nuovo?
Ci lascerete ricamare di uccelli
le bandiere della patria libera?
Il fucile lo lascio a voi
Che avete il sangue freddo
E non è paura
La paura mi è passata
Affrontando coltelli
Negli scantinati sessuali che ho frequentato
E non sentitevi aggrediti
Se vi parlo di queste cose
E vi guardo il pacco
Non sono ipocrita
Forse le tette di una donna
non vi fanno abbassare lo sguardo?
Non credete
che da soli in montagna
avremmo combinato qualcosa?
Anche se poi mi avreste odiato
Per aver corrotto la vostra morale rivoluzionaria
Avete paura che vi si omosessualizzi la vita?
Io non parlo soltanto
di metterlo dentro e tirarlo fuori
E tirarlo fuori e metterlo dentro
Parlo di tenerezza, compagni
Voi non sapete
Che fatica trovare l’amore
In queste condizioni
Voi non sapete
Cosa significa portarsi addosso questa lebbra
La gente tiene le distanze
La gente è comprensiva e dice:
È frocio ma scrive bene
È frocio ma è un buon amico
Super sim-pa-ti-co
Io non sono simpatico
Io accetto il mondo
Senza chiedergli di essere simpatico
Ma ridono lo stesso
Ho cicatrici di risate sulla schiena
Voi credete che pensi con il culo
E che alla prima scarica del CNI
Avrei vuotato il sacco
Non sapete che la virilità
Non me l’hanno insegnata le caserme
La mia virilità me l’ha insegnata la notte
Dietro un palo
Quella virilità di cui vi vantate
Ve l’hanno inculcata nel reggimento
Un militare assassino
Di quelli che sono ancora al potere
La mia virilità non l’ho ricevuta dal partito
Perché mi ha rifiutato ridacchiando
Molte volte
La mia virilità l’ho imparata partecipando
Alla dura lotta di quegli anni
E avete riso della mia voce effemminata
Che gridava: e cadrà, e cadrà
E nonostante voi abbiate gridato con voce da veri uomini
Non siete riusciti a mandarla via
La mia virilità è stata il bavaglio
Non è stata andare allo stadio
E fare a botte per il Colo Colo
Il calcio è un’altra omosessualità camuffata
Come la boxe, la politica e il vino
La mia virilità è stata sopportare le beffe
Ingoiare la rabbia per non ammazzare tutti
La mia virilità è accettarmi diverso
Essere codardo è molto più difficile
Io non porgo l’altra guancia
Porgo il culo, compagni
E quella lì è la mia vendetta
La mia virilità aspetta paziente
Che i machos diventino vecchi
Perché a questo punto
La sinistra svende il suo culo flaccido
Nel parlamento
La mia virilità è stata difficile
Perciò su quel treno non ci salgo
Senza sapere dove va
Io non cambierò per il marxismo
Che mi ha rifiutato tante volte
Non ho bisogno di cambiare
Sono più sovversivo di voi
Non cambierò soltanto
Perché i poveri e i ricchi
Che lo faccia qualcun altro
E nemmeno perché il capitalismo è ingiusto
A New York i froci si baciano per strada
Ma quella parte la lascio a voi
Dato che vi interessa tanto
Che la rivoluzione non marcisca del tutto
A voi lascio questo messaggio
E non è per me
Io sono vecchio
E la vostra utopia è per le generazioni future
Ci sono tanti bambini che nasceranno
Con un’ala spezzata
E io voglio che volino, compagni
Che la vostra rivoluzione
Dia loro un pezzo di cielo rosso
Perché possano volare.