La cueca, danza diffusa in diverse regioni dell’America Latina e proclamata ballo nazionale cileno nel 1979, presenta numerose varianti. Grazie a questa molteplicità, è diventata segno di qualcosa che cambia e, allo stesso tempo, resta sempre riconoscibile. Pur declinandosi in diverse tradizioni, non si tratta affatto di un residuo del passato, ma di una pratica vissuta e reinterpretata anche nella contemporaneità.
 
Il 12 ottobre 1989 Las Yeguas del Apocalipsis, l’irriverente duo composto da Francisco Casas e dallo scrittore e artista cileno Pedro Lemebel (1952-2015) – di cui Edicola ha portato in Italia le cronache Di perle e cicatrici e i racconti Irraccontabili – , si presentò presso la Commissione per i diritti umani, riunitasi per ricordare le vittime del colonialismo spagnolo nel “día de la raza”, e ballò la cueca sopra una cartina dell’America del Sud cosparsa di bottiglie di Coca-Cola in frantumi, in una protesta contro le ingerenze imperialiste degli Stati Uniti.
La performance è conosciuta come  La conquista de América. (Foto di Paz Errázuriz).
 
La cueca si danza solitamente in coppia con l’accompagnamento di strumenti diversi e spesso con l’ausilio di fazzoletti a una coreografia che vuole simulare il corteggiamento tra un gallo e una gallina. Da esperienza comunitaria e popolare, in cui si fondono le tradizioni importate dai coloni spagnoli con quelle dei popoli originari, a oggetto dell’appropriazione di Pinochet come icona dell’identità nazionale, la cueca si è poi trasformata in strumento di protesta attraverso l’esperienza politica delle donne cilene che ballano sole con un fazzoletto e una foto dei figli, compagni e cari desaparecidos.
 
Oggi la cueca, passata di mano in mano come una parola, è tornata alla gente comune, più vecchia ma certamente più stratificata e complessa. Ha cambiato volto mille volte ma, alla fine, è sempre cueca. Si ispirano alla variabilità della cueca due espressioni idiomatiche che condividono il medesimo orizzonte simbolico, eppure, allo stesso tempo, sembrano andare in direzioni opposte. “También es cueca“, come a dire “sempre cueca è”, significa che le cose si possono fare anche in un’altra maniera, che è possibile raggiungere un obiettivo anche cambiando programmi. Irrigidirsi sui propri piani non serve a niente. “La misma cueca“, in italiano “la stessa cueca”, significa invece che si finisce per commettere sempre gli stessi sbagli. Le cose cambiano ma, in fin dei conti, tutto resta uguale.