Proponiamo di seguito il testo che María José Ferrada ha letto in occasione del Premio assegnato all’Academia chilena de la lengua a Niños, il libro di poesie che ha dedicato ai bambini uccisi o scomparsi durante la dittatura cilena. Niños è stato illustrato da María Elena Valdez e tradotto in Italia da Giulia Giorgini (la traduzione dell’articolo è di Alice Rifelli)
Niños è un libro che non avrebbe mai dovuto essere scritto. Ognuna delle sue poesie è dedicata a una bambina o a un bambino assassinati e scomparsi durante la dittatura cilena.
Ho saputo della loro esistenza durante una semplice conversazione. Tra i morti e i desaparecidos della dittatura cilena c’erano dei bambini. Ricordo che una volta tornata a casa ho cercato l’elenco su internet. Ma non esisteva nessun elenco. L’unica cosa era una serie di nomi, dimenticati e dispersi nella tristezza dei documenti[1] elaborati dallo stato cileno dopo il ritorno della democrazia. Il processo per arrivare alla lista definitiva è durato circa un anno. I bambini e le bambine minori di 14 anni uccisi durante la dittatura cilena sono 33; un bambino è tuttora considerato scomparso.
Chi come me lavora con le parole sa che la nostra materia prima è qualcosa di effimero. Il dolore più grande così come il suo contrario, la tenerezza, non possono entrare dentro le parole. C’era il nostro elenco: 34 bambine e bambini minori di 14 anni uccisi o scomparsi. Che nome si dà a una cosa simile?
Ricordo che per qualche mese ho messo via la lista. E che ogni volta che incrociavo un bambino o una bambina mentre giocava per strada o in un parco, mi tornava alla mente il ricordo di quei bambini. Era lì che dovevano stare i bambini: a giocare per strada, nel parco o lungo la strada verso la scuola. I bambini non devono stare, mai avrebbero dovuto stare, in un elenco di morte e sparizione.
Non è stato facile prendere la decisione di dare voce a ognuno di quei bambini e bambine. Non è stato facile nemmeno includere nelle ultime pagine del libro l’elenco dei loro nomi, a cui segue la parola “giustiziato” o la parola “scomparso”. Noi che lavoriamo con le parole, così come probabilmente ogni persona che decide di dare un nome alle cose del mondo, sappiamo che le parole non bastano per l’orrore più grande, e nemmeno per la meraviglia. Entra la stella nella parola “stella”? Entra la morte nel suono che si fa per nominarla? Entra tutto il dolore nella parola “scomparso”? E nella parola “ucciso”?
No, le parole non bastano per dare un nome all’amore né per nominare l’assenza. Però abbiamo il silenzio, questo spazio che rimane dopo le parole e le immagini che usiamo per cercare di illuminare l’oscurità.
Il libro Niños è stato scritto insieme a María Elena Valdez e anche per lei è nato da uno spazio dolorosamente e irrimediabilmente vuoto. Ma lo abbiamo fatto con due speranze. La prima: con quello che avevamo a disposizione – parola, immagini, carta – dare vita a un umile memoriale dedicato a questi bambini e bambine che inesplicabilmente non lo hanno ancora. La seconda: offrire alle bambine e ai bambini che riceveranno questo libro tra le mani uno spazio di riflessione sulla violenza, che ci aiuti nella costruzione di una società più tollerante e più votata alla pace. Tutti noi che abbiamo partecipato alla nascita del libro siamo certi che questo spazio si costruisca a partire dall’infanzia, ogni giorno, nelle azioni grandi e in quelle piccole.
[1] Gli organismi che hanno raccolto informazioni sulle vittime della dittatura cilena sono la Comisión Nacional de Verdad y Reconciliación (Comisión Rettig) e la Corporación Nacional de Reparación y Reconciliación.