- Trama
é il 1883. Per la prima volta nella sua storia, Santiago del Cile verrà illuminata dalla luce elettrica. Portata da una compagnia tedesca, per cui lavora il papà della bambina che assisterà a questo evento. Da quel momento tutto sarà illuminato, anche la notte. Anche le barbarie, anche la dittatura che negli anni settanta attanaglia il paese.
La bambina ora è nonna, e consegna, nel buio della notte, la storia dell’arrivo della luce alla nipote. E la nipote autrice scava nella memoria. Sua, della nonna, del paese. Perché la luce elettrica, quello stemma della Ceta che la faceva sentire a casa e protetta, non basta più a tenere lontano i mostri. E allora ci vuole anche la scrittura, per illuminare l’oscurità.
- Recensione
Mi sono innamorata della copertina a prima vista. Una disegno incredibile, Cile, Santiago: mio! Non potevo immaginare che avrei avuto di fronte un libricino che mi avrebbe fatta commuovere.
Andiamo con ordine, che se no mi confondo, e diciamo qualcosa di sensato, che non sia solo il senso di travolgimento che ho provato verso questo romanzo.
Forse amo gli scrittori sud americani perché sono accomunati da una cosa: la mancanza di ruffianeria. Noi autori lo sappiamo bene, come e quando essere ruffiani. Loro lo fanno poco. Penso a Lemebel, a Sepulveda e men che mai lo fa Nona Fernandez, che ti mette di fronte, sotto forma di piccoli corto circuiti, storie che strappano le budella. Scosse elettriche che attraversano la sua memoria. Il discorso di Allende, i Desaparecidos, poi Pasolini dal nulla e la scomparsa delle lucciole, i misteri della nonna, le dita che battono sulla macchina da scrivere capricciosa. Una nazione prima in guerra contro tutti per il salnitro, e il progresso, ma che progresso è se è morta tanta gente, poi in guerra contro sé stessa, vittima del regime, vittima di squadroni che portano via famiglie intere, che finiscono come scomparsi dietro le bollette della luce.
Scusatemi se non riesco a essere molto più oggettiva, a parlarvi dello stile, dei personaggi, e di tutte quelle cose che fanno un buon romanzo.
Perché quando ti ritrovi col magone, a leggere di illuminare l’oscurità con la scrittura, e i nostri tempi sono altrettanto bui, solo mascherati da un grosso va tutto bene (un cazzo, va tutto bene un cazzo), e piangi in un bar con di fronte una tazzina di caffè macchiato a metà, allora hai di fronte un grande romanzo. E di parlare di cazzate come lo stile, non ce n’è bisogno.
PS: niente, l’andiamo con ordine di poco fa si è perso. Ch’ agg’ a fà.
Compratelo direttamente dagli amici di Edicola. Per fortuna ci sono loro a portarci questi tesori. Gracias.
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Pubblicato su RaccontAmi.