Mirko Orlando è un fotografo, fumettista e docente. Diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Roma, si dedica alla fotografia sotto la guida di Roberto Bossaglia, Nicola Smerilli e Pino Bertelli. Studioso di antropologia, sociologia e filosofia, pubblica i saggi di antropologia visiva “Fotografia post mortem” (Castelvecchi, 2013) e “Per una teoria generale della fotografia post mortem” (Il Mulino, 2014). Lavora per la stampa periodica nazionale e realizza alcuni reportage per Barricate, A, Domus e Tracce. Pubblica nel 2012 per Lindau il libro fotografico “Il volto (e la voce) della strada” e nel 2019 per Edicola Ediciones la graphic novel “Paradiso Italia”, un’opera di graphic journalism dove fotografia, illustrazione e scrittura si fondono nel racconto della difficile vita e delle lotte per la sopravvivenza dei migranti clandestini in Italia.

 «Di cosa tratta il tuo ultimo lavoro di graphic journalism Paradiso Italia?».

È un reportage sul tema dell’immigrazione il cui focus ricade, anziché sugli sbarchi, sul destino che attende quelli che in un modo o nell’altro sono arrivati qui, in Italia, con il loro carico di sogni e di speranze. Un reportage che parla dunque di ghetti, attraversamenti, occupazioni, e che perciò non parla soltanto degli immigrati ma anche di noi, di ciò che facciamo o possiamo fare.

 

«In Paradiso Italia racconti il punto di vista dei migranti arrivati nel nostro Paese attraverso l’unione di scrittura, fotografia e disegno. Ne risulta un’opera emotivamente coinvolgente, in cui la concretezza della fotografia si sposa perfettamente con le possibilità espressive del fumetto. Quali sono i motivi di questa scelta stilistica?».

Unire in un’unica opera più linguaggi mi ha permesso di sviluppare il lavoro giocando su piani diversi. Il fumetto mi ha permesso di dilatare la visione parcellizzata del più classico reportage fotografico, mentre la fotografia mi ha costretto, per sua stessa natura, a mettere in gioco il mio corpo. Non puoi scattare fotografie senza uscire di casa, stringere relazioni, e guadagnarti la fiducia dei soggetti che intendi fotografare, ed è proprio questa reciprocità che determina, in gran parte, la qualità di un reportage.

 

«Paradiso Italia è il risultato delle tue esperienze con i migranti, con i quali hai vissuto a stretto contatto, registrandone la quotidianità. Nell’opera parli di integrazione dando voce alle loro riflessioni non solo sulla difficile condizione in cui versano ma anche sulla realtà italiana, mostrando la dignità di persone che, se avessero concrete possibilità di riscatto, potrebbero essere una risorsa per il nostro Paese, e non un problema. “Let us help us. Perché mi avete salvato dal mare se poi volete tenermi fermo in un centro per un anno intero? Il tempo è l’unica cosa che mi manca”: una frase forte nel testo, che racconta il desiderio dei migranti di poter condurre un’esistenza normale e produttiva. Dopo aver parlato con loro, dopo esserti addentrato nel cuore della loro vita, secondo te qual è la giusta via da percorrere per aiutarli concretamente?».

L’unica risposta concreta rimane quella dei corridoi umanitari, e cioè aprire regolari canali di ingresso in Europa. Fintanto le frontiere resteranno chiuse così come lo sono adesso, il vuoto lasciato dalla politica continuerà ad essere occupato dalla criminalità organizzata. Se c’è un business degli sbarchi, della forza lavoro, o della vendita dei documenti, è soltanto perché i diritti che lo stato nega vengono offerti dai criminali come servizi a pagamento. Chiaramente nessuna soluzione potrà dirsi efficace se non verrà adottata a livello europeo.

 

«Paradiso Italia è pubblicato da una casa editrice che ha fatto della multiculturalità il suo punto di forza. Edicola Ediciones è infatti un’originale realtà italo/cilena, che fa conoscere autori cileni nel nostro Paese e autori italiani in Cile, creando un ponte tra le due culture. Ci racconti la tua esperienza con questa giovane realtà editoriale? Avete in mente di realizzare insieme dei progetti sui temi dell’integrazione e del multiculturalismo?».

Chissà… ma forse è presto parlarne. Per ciò che invece riguarda il presente devo dire che la sintonia, con i temi e i modi dell’editore, è stata immediata. Dopotutto un editore che fa da ponte, in un momento in cui tutti costruiscono muri, per me è, e resta, l’editore ideale.

 

«Da Paradiso Italia: “L’inferno dici? Ma tu lo sai da dove vengo io? Partire va bene. Tutto questo va bene. Anche il Mediterraneo va bene. Tu proprio non riesci a vederlo che sono felice. L’inferno è un’altra cosa. Da dove vengo io…l’inferno è restare”. C’è una storia che più di tutte ti ha toccato profondamente, e che vuoi condividere con noi?».

Più che altro un aneddoto: quando sono andato via dal ghetto di Borgo Mezzanone, mi ha salutato con un caloroso abbraccio la stessa persona che pochi giorni prima mi aveva ferocemente minacciato. Questo soltanto per dire che predisponendosi all’ascolto si può superare l’iniziale e naturale diffidenza reciproca. Insomma non tutto è perduto.

 

«Hai sempre messo la tua carriera di fotografo al servizio della documentazione dei fenomeni di marginalità sociale. Ci racconti di cosa tratta il tuo precedente lavoro fotografico Il volto (e la voce) della strada?».

È un lavoro che nasce all’incrocio tra immagini e parole. Un volto e una storia. Una galleria di ritratti di senza fissa dimora controbilanciata da biografie, pensieri, esperienze. La cosa interessante è che li ho fotografati in studio, su fondo nero, perché il volto individuale predominasse sulla mascherasociale dell’indigenza.

 

«Pensi che l’arte in generale, sia che si tratti di fotografia, fumetto o scrittura, possa fare la differenza nel raccontare la realtà di chi non ha diritti, di chi è invisibile agli occhi della società? Credi che la tua opera e il tuo lavoro sul campo possano creare consapevolezza e risvegliare attivamente le coscienze?».

Con Pino Bertelli abbiamo sempre ribadito che l’arte non fa rivoluzioni, ma poi arriva il tempo in cui le rivoluzioni hanno bisogno anche dell’arte. Dopotutto l’estetica è per definizione una cura contro l’anestetica società dello spettacolo. Inoltre conviene sempre ricordare che prima di una crisi economica, e poi politica, c’è sempre una crisi dell’immaginazione. Abbiamo smesso di immaginarci, e così abbiamo perso di vista il nostro orizzonte. È per questo che oggi, anche chi ottiene dei buoni risultati nel breve termine, non ha la più pallida idea di dove ci stia portando. Senza un orizzonte non c’è intelligenza che possa tutelarci, e l’arte è la scienza del creare orizzonti.

 

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