[…] Il Mediterraneo non è un mare. Il Mediterraneo è un’immensa fossa comune dove giacciono corpi senza volto e senza storia, ammassati nella discarica dove gettiamo le biografie che abbiamo scartato. È qui che noi tutti dimentichiamo. Da bambino mi divertivo a sentire il rumore del mare dentro le conchiglie. Oggi ci sento le urla di tutti quelli che non ce l’hanno fatta».

In molti – troppi – parlano senza sapere, senza conoscere, senza nemmeno preoccuparsi di informarsi seriamente, quando non proprio approfondire.

Tralasciando matrici di pura e totale ignoranza fondamentalmente irrecuperabili, è proprio per questo motivo che argomenti di vita reale come accoglienza, immigrazione e integrazione continuano ad essere una sorta di tabù per potenziali soluzioni socio-politiche e – più profondamente – antropologiche.

Sporcarsi le mani non è una prassi comune in quanto condizione non propriamente adatta a divulgazioni di finte personalità attraverso media di massa e social network. Eppure, nel suo senso più figurato, si tratta dell’unica procedura reale attraverso la quale riuscire – se lo si vuole – a guardare veramente da vicino lo stato delle cose.

Ed è esattamente quello che fa Mirko Orlando sigillando il risultato delle sue importantissime esperienze in Paradiso Italia (Edicola Ediciones), una graphic novelche non resta tale ma che estende il proprio potentissimo raggio d’azione nel campo della fotografia d’autore e del giornalismo d’inchiesta (tutte discipline che Orlando padroneggia egregiamente) per riuscire a conferire quel concreto senso di verità che si annida tra i meandri delle vicende e delle sommosse umane interiori più oscure e difficili da metabolizzare.

Paradiso Italia, dunque, non è solo narrazione ma vero e proprio disvelamento di anime in eterno subbuglio, espressione di vita interiore che si fa problematica concreta, tangibile, non più solo trattazione da articolo di testata online con titolo in funzione clickbait.

E allora si accomodino pure alla porta retorica da mercato politico-mediatico e buonismi da fiction televisiva, perché la reale sostanza, qui, non fa parte di un mondo che fa finta di commuoversi rimanendo con le mani in mano sul comodo divano di casa.

È tempo di battere i pugni su contenuti di piombo, rigidi, diretti, volendo anche freddi sotto certi aspetti, ma pur sempre irrimediabilmente rivolti ad una predisposizione documentaristica raramente così ben strutturata e stratificata (quindi anche complessa).

Orlando conosce benissimo ciò di cui parla, e per questo sa che deve lasciarsi naufragare al fianco degli ultimi, delle vere vittime, dei cattivoni clandestini, portando con sé il lettore in una spirale senza ritorno di angoscia e paura generata da un grado di immedesimazione spaventosamente efficace e – si spera – efficiente.

E la commistione di linguaggi ben si adatta a questo scopo, usufruendo di tutto il potenziale di ogni singola arte al fine di esporre con rigore e adeguatezza elementi concettuali altrimenti difficilmente decifrabili in quanto ibernati, da tempo immemore, nei sotterranei del nostro essere individui appartenenti al genere umano in evoluzione.

 

Pubblicato su Art a part of culture.