di Lucia Vignotto

La piccola casa editrice di Alice Rifelli e Paolo Primavera si presenta al Salone del libro di Torino.

Da Portomaggiore a Santiago, in Cile. Nel mezzo Roma, la Romagna, l’entroterra bolognese. Il percorso di Alice Rifelli comprende tante voci e tanti accenti diversi. La sua storia comincia nella provincia ferrarese e prosegue – almeno per ora – in una delle maggiori città dell’America latina. L’obiettivo? Costruire un ponte di parole, di immagini e di pensieri. Alice, assieme a suo marito Paolo Primavera, è responsabile della casa editrice Edicola, presente in questi giorni a Torino alla ventinovesima edizione del Salone del libro. Il nome della loro impresa ha un’origine ben precisa: la famiglia di Paolo vende giornali da generazioni e attorno al suo negozio ­- situato a Ortona, un piccolo comune abruzzese – si è creata negli anni una comunità di persone attente, lettori curiosi e aperti. Lo stesso tipo di persone che vorrebbero sollecitare attraverso i titoli in catalogo, libri che traducono in italiano i più interessanti scrittori contemporanei cileni, e che diffondono in spagnolo una selezione di proposte italiane.

Listone Mag ha intervistato la coppia prima del tour de force torinese, per capire come mai Alice e Paolo hanno voluto impegnarsi in un campo tanto affascinante quanto difficile da affrontare come quello dell’editoria, e quale rapporto si instaura con il proprio paese di origine nel momento in cui si sceglie di lavorare in un posto tanto differente e lontano.

Paolo racconta il suo esordio nel settore.

Sono passati dieci anni dalla prima volta che sono stato in Cile. Facevo il fotografo e quando ho potuto tornare ci sono tornato per restare. Volevo soprattutto sviluppare il mio archivio fotografico. La decisione di provare la strada dell’editoria è venuta col tempo, quando ho cominciato a sentirmi più vecchio e ad avere meno voglia di girare. Per anni ho lavorato a Santiago per l’università, mi avevano assegnato la cattedra di fotografia documentaria. Ho abbandonato quell’impiego quando mio padre si è ammalato e sono dovuto tornare in Italia. A Ortona è maturata l’idea di proseguire idealmente l’attività di famiglia: ricreare una situazione di vicinanza e solidarietà attraverso la lettura. Così è nata Edicola.

In che modo Edicola si avvicina al suo pubblico?

Edicola vive a cavallo tra Italia e Cile. In Cile il processo di avvicinamento per molti versi è stato più facile. Un esempio: io e Alice due giorni a settimana distribuiamo i libri a domicilio. Non bussiamo porta a porta! Raccogliamo gli ordini tramite Facebook, poi aspettiamo i clienti in una stazione della metropolitana dove ci siamo dati appuntamento. Quando incontriamo chi ha acquistato i libri chiacchieriamo un po’assieme. Ci piace sapere chi sceglie un certo titolo quali altri autori ha letto o vorrebbe leggere, parlare anche delle emozioni che un romanzo o un racconto può provocare. Santiago sono dieci città in una, in questo modo – attraverso la relazione – riusciamo a conoscere i gruppi di lettura sparsi nei vari quartieri, ci facciamo un’idea più concreta del pubblico al quale ci stiamo rivolgendo. In Cile siamo la prima casa editrice a pubblicare narrativa italiana contemporanea.

In Italia un sistema analogo potrebbe funzionare?

Idealmente sì, nei fatti è quasi impossibile. La popolazione è distribuita sul territorio in modo molto meno denso e c’è anche una maggiore resistenza culturale. Quello che stiamo provando a fare in Italia per costruire un rapporto significativo con i nostri lettori è organizzare momenti formativi e ricreativi assieme ai bambini e ai ragazzi, attività extradidattiche curate in sinergia con le scuole. A Portomaggiore in aprile – nei giorni in cui a Bologna si svolgeva la Fiera del libro per ragazzi – abbiamo realizzato due laboratori assieme all’illustratrice Francisca Yáñez. L’abbiamo portata dagli alunni della Montessori e abbiamo utilizzato un suo libro per stimolare un confronto sul tema dell’integrazione. Francisca ha vissuto in esilio per vent’anni: durante l’incontro ha parlato della sua esperienza, della dittatura cilena, ma ha anche allacciato queste esperienze ai diari di Anna Frank e più in generale a ciò che succede oggi nel mondo. Il secondo appuntamento invece è stato sviluppato a partire dall’opera di Joaquin Torres Garcìa, “America Invertida”, una mappa disegnata al contrario che capovolge Nord e Sud.

Com’è stato lavorare con i bambini? Come hanno reagito alle vostre proposte?

Abbiamo accompagnato Francisca per farle da interprete ma subito ci siamo resi conto che loro non avevano assolutamente bisogno di un intermediario. Anche se lei parlava spagnolo i bambini capivano benissimo ciò che voleva comunicargli. È nelle scuole che ci si rende conto di quanto la multiculturalità sia già nei fatti qualcosa di acquisito. Nelle classi trovi bambini italiani, altri che arrivano dal Nord Africa, altri ancora dall’Asia e dal Medio Oriente. Sono coesi, com’è normale che sia. Ed è meraviglioso. Hanno affrontato i laboratori con serietà ma anche con leggerezza, hanno questa capacità bellissima di riuscire a far convivere i due termini, senza pesantezza.

Avete in mente altre iniziative nelle scuole?

Il 31 maggio, sempre in collaborazione con la scuola di Portomaggiore, organizzeremo una video conferenza assieme alla scrittrice cilena Nona Fernandez, autrice del romanzo “Space Invaders”. In questo caso ad essere stati coinvolti sono stati i ragazzi delle medie: hanno già letto e commentato il libro assieme ai loro insegnanti. Durante il confronto faranno all’autrice delle domande e sinceramente non vedo l’ora di vedere come andrà.

A Torino invece cosa portate? Quali saranno i vostri cavalli di battaglia?

A Torino portiamo tutto il catalogo: graphic novel, romanzi, poesie. Da “C’era una volta un passero”, di Alejandra Costamagna a “Valporno”, di Natalia Berbelagua. Sicuramente siamo molto orgogliosi di presentare “La bandiera del Cile”, di Elvira Hernandez: si tratta di un poema che circolava, ciclostilato, durante la dittatura di Pinochet, negli ultimi anni Ottanta. È stato pubblicato la prima volta in Argentina, in Cile è arrivato solo nel 2010. In Italia lo portiamo noi, ora. Ospiteremo anche uno scrittore ferrarese, Lorenzo Mazzoni, con il quale abbiamo appena rieditato e stampato “Un tango per Victor”. A proposito: stiamo lavorando alla sua traduzione in spagnolo e speriamo a breve di poterlo lanciare anche nel mercato cileno e in generale sudamericano. Sicuramente a giugno organizzeremo assieme a lui una presentazione a Ferrara.

Avete in calendario altri appuntamenti da suggerire ai lettori di Listone Mag che vorrebbero conoscervi?

Sempre a giugno presenteremo anche il libro “Gli anni di Allende”, una graphic novel di Carlos Reves e Rodrigo Elgueta, a cui teniamo moltissimo. Non abbiamo ancora le date precise ma sicuramente ve le manderemo in tempo per inserirle nella vostra agenda. A Ortona le presentazioni le facciamo all’aperto, di fronte all’edicola di famiglia, non è detto che anche qui non ci si possa inventare qualcosa di simile.

 

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