Demolition Job. Lettere all’usurpatore
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due ISTANZE si dicono FUORI da QUESTO gioco
la MORTE e IL narratore
ma il NARRATORE mente: non sa ANCORA
che NOI lo uccideremo
«Espressioni e immagini esteticamente squisite, filosoficamente iniziatiche e precise dal punto di vista referenziale. Adatte ad attivare il lettore che, a lettura terminata, constaterà di aver cambiato la qualità dello sguardo e della coscienza.
Humour che non dà nell’occhio, invece scuote in silenzio un riso potenziale: “sommosse simboliche”, “palloni nicciani”, per giunta gonfiabili. Paragrafi concentrati, temi essenziali, rivelazioni attraverso istruzioni di lettura.
Tutto questo in funzione di un’urgenza concreta, del pericolo imminente di cui si è sempre parlato e di cui ora più non si parla. O sì? All’ultimo momento. Il coraggio e credo anche l’amore.» Sylvie Richterová
Talvolta sono mormorii venuti dal nulla, talvolta sono richiami al qui e ora. Sono voci in aperto conflitto: scavalcano il confine che separa un racconto dall’altro, si ribellano al narratore e tentano di scrivere per sé una storia nuova.
Alternando lo sviluppo dell’azione, spesso sospesa e decontestualizzata, alla riflessione teorica, Alfredo Zucchi sceglie la strada dell’accumulazione e dell’esplosione formale per affrontare temi come l’autorità e la morte, il desiderio e l’amore, il sogno e il linguaggio. Cinque racconti che partono dall’evidenza della deflagrazione per restituire un’inattesa utopia della costruzione.