Il 23 aprile si festeggia la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore, patrocinata dall’UNESCO per la promozione della lettura. 
Quest’anno la celebrazione arriva dopo un periodo particolarmente impegnativo, un momento in cui tutto il mondo si è trovato a confrontarsi con la stessa avversità. Di fronte al problema comune, è straordinario osservare come anche le risposte alle difficoltà siano stat
e trasversali nel loro fondarsi su innovazione e connessione con le comunità. Le biblioteche, in particolare, troppo spesso trascurate dalle politiche culturali, si sono dimostrate attori chiave della risposta alla pandemia.
Ne abbiamo parlato con il consulente, bibliotecario e accademico cileno 
Gonzalo Oyarzún, che da sempre lavora con le biblioteche e che proprio dal 2020 collabora con la Biblioteca Nazionale del Perù, contribuendo a gestire il momento critico e ad avvicinare milioni di persone che non erano mai entrate in contatto con queste realtà.

 

La pandemia ha compromesso il normale corso di tutti gli aspetti della vita. Come ti sembra che abbiano reagito luoghi come le biblioteche, che legano la loro funzione in ampia misura allo spazio che occupano?
Sono molte le biblioteche nel mondo che oggi lavorano per garantire più lettura, informazione cultura e divertimento ai loro utenti. Le biblioteche sono molto vicine alle persone come spazio di sviluppo umano, creando capitale culturale, sociale ed economico e, già da tempo, portando inclusione digitale a coloro che hanno un minor accesso ai beni culturali. Tuttavia, oggi le biblioteche sono chiuse e si vedono private del cuore stesso della loro identità: incontro e lettura condivisa. In questo scenario, molte hanno riorganizzato le loro risorse umane e tecnologiche per offrire comunque i loro servizi senza mettere in pericolo la popolazione. Negli Stati Uniti e in Zambia, in Inghilterra e in Argentina, in Perù e in Lituania, le biblioteche sono sempre lì, a contatto con la vita delle persone e delle comunità. Di fronte a tanti casi virtuosi, è evidente che non c’è virus che le possa ostacolare, perché le biblioteche non potranno mai essere chiuse davvero.

Dopo aver lavorato in diversi paesi, ora hai portato la tua esperienza in Perù. Vuoi raccontarci qualcosa del tuo lavoro?
All’inizio del 2020 sono stato invitato dal Direttore della Biblioteca Nazionale del Perù, lo scrittore Ezio Neyra Magagna, a collaborare per lo sviluppo di strategie di gestione del Sistema Nazionale di Biblioteche. Spesso queste istituzioni non hanno un rapporto diretto e ravvicinato con i non addetti ai lavori. Nonostante la chiusura di tutte le biblioteche che è seguita, quel che è accaduto da allora non cessa di sorprendermi. Sin dai primi giorni, ci si è assunti il compito di garantire l’accesso alle informazioni e alla cultura in modi fino ad allora poco esplorati. La scommessa era la multimedialità. Si utilizzano ora mezzi tradizionali e innovativi, del mondo fisico e digitale, implementando servizi di consultazione personalizzata e prestiti in diverse forme. È stata realizzata una biblioteca pubblica digitale, ma anche letture telefoniche e club di lettura virtuali, si è lavorato per l’inclusione delle persone con disabilità visive, si è sviluppata una nutrita programmazione culturale e si sono digitalizzati i servizi al settore editoriale. Si sono rinforzate le biblioteche pubbliche attraverso momenti formativi, incontri e attività virtuali.

Altre biblioteche si sono impegnate per offrire prodotti e servizi diversi da quelli tradizionali. Con le stampanti 3D hanno fabbricato mascherine.

Puoi raccontarci esperienze e pratiche che ti hanno colpito rispetto al rapporto tra le biblioteche e le comunità in cui si inseriscono?
Un caso emblematico è stato quello della Biblioteca e Mediateca Manuel Belgrano de Godoy Cruz, in Argentina, che all’inizio della pandemia ha cominciato a prestare libri attraverso una forma di “delivery”. Altre biblioteche, nel corso del 2020, si sono impegnate per offrire prodotti e servizi diversi da quelli tradizionali. Con le stampanti 3D hanno fabbricato mascherine e non solo, collaborando con gli ospedali e i servizi sanitari, come nei casi delle biblioteche di Chicago negli Stati Uniti e di Kaunas in Lituania.
Un caso particolare è stato quello della Biblioteca di Ipswich, in Inghilterra, che si è dedicata, una volta chiusa, a mantenere contatti telefonici con i suoi utenti, specialmente con le persone anziane che vivono sole. La direttrice Charmain Osborne ha letto un libro di 873 pagine a Doris Bugg, una donna di 103 anni. La bibliotecaria Rachel Huddle ha dedicato tutti i giorni del lockdown a chiamare per telefono ciascuno dei suoi utenti con l’unico fine di chiedere come stessero e tener loro compagnia.
Le biblioteche di Lubuto, in Zambia, si sono impegnate a insegnare alla popolazione come prevenire il contagio grazie all’ausilio di balli e canzoni, diventati così famosi da essere riproposti in televisione. La biblioteca di Kibera, in Kenia, ha collaborato con gli insegnanti per registrare e trasmettere le lezioni per i bambini che non hanno dispositivi digitali o Internet a casa.

La biblioteca sarà sempre il giardino dei diritti umani, dove si coltivano e fioriscono liberamente le idee.

Le biblioteche favoriscono la partecipazione e lo scambio di idee. Si può dire che esercitino una funzione democratica?
La biblioteca lavora con le comunità, porta opportunità per lo sviluppo economico, sociale, culturale, educativo e anche della salute. È una piattaforma che aiuta le persone a individuare e sfruttare le opportunità di sviluppo e acquisire nuove competenze, collaborando e rafforzando i legami comunitari.
La biblioteca garantisce servizi essenziali, alfabetizza, educa, salva il patrimonio locale, connette, crea reti perché le persone possano ottenere nuove opportunità per le loro vite. È lo spazio dove le voci locali sono valorizzate, dove si costruisce a partire dall’identità e dalla diversità. La costante è l’apprendimento permanente che permette di essere aperti all’innovazione e bendisposti verso il cambiamento. La biblioteca è un laboratorio e un cantiere per la ricostruzione del tessuto sociale, un luogo di inclusione che ci meraviglia ogni giorno. È un attore chiave per i processi di trasformazione della società. Uno spazio democratico e, allo stesso tempo, uno spazio di creazione di democrazia, di dibattito, di incontro nella diversità e di tolleranza. La biblioteca sarà sempre il giardino dei diritti umani, dove si coltivano e fioriscono liberamente le idee.

 

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