Valparaíso, 10 gennaio 1869. In questa data, io Federico Sacco, veterinario, zoologo e naturalista, nato Piemontese e ora Italiano, mi accingo a redigere le prime note del mio diario di viaggio verso la Terra Australe altrimenti detta Patagonia. E che Dio mi protegga.
Nel maggio del 1872 i soci della Società Geografica Italiana si riuniscono a Firenze. Lo scopo della riunione è quello di leggere e commentare il diario di Federico Sacco, giovane veterinario piemontese, del quale nessuno conosce il destino, poiché partito nel gennaio del 1869 per svolgere una spedizione naturalistica nelle Terre Australi, finanziata da privati e dalla Società Geografica stessa, è misteriosamente scomparso.
Solo poche lettere sono state scritte dal Sacco, destinatari la famiglia e la Società Geografica. A seguire, solo il silenzio. Ma all’improvviso giunge a Firenze uno dei due diari di Federico Sacco: il diario con le annotazioni scientifiche e naturalistiche non è pervenuto, ma i membri della Società Geografica possono leggere il diario personale.
Prende avvio l’avvincente e intrigante lettura delle annotazioni del Sacco, le quali iniziano nel gennaio del 1869, una volta raggiunta – dopo un lungo viaggio faticoso ed estenuante – la città di Valparaíso. Quando Federico Sacco racconta del suo ambizioso progetto ai compagni di nave, tra una tempesta e l’altra, alcuni di essi lo prendono per pazzo: Sacco non sa cosa lo aspetta, le Terre Australi sono selvagge, difficili da attraversare e soprattutto abitate da popolazioni indigene bellicose.
(…) percorrere una via di terra di oltre milletrecento miglia sul versante cileno della Patagonia da Puerto Montt fino a Punta Arenas è impossibile; i collegamenti avvengono solo via mare o passando oltre il confine argentino: sul lato del Pacifico è una miriade di isole, fiordi e canali; in terraferma i luoghi sono impraticabili con aspre e inaccessibili montagne a picco sul mare intersecate da valli glaciali. Lo vedrete con i vostri occhi (…)
Federico Sacco non si lascia intimidire dai commenti negativi delle persone che incontra; il veterinario è deciso ad affrontare il lungo viaggio nel cuore della Patagonia cilena sia per soddisfazione personale, sia per dovere nei confronti di chi lo ha gentilmente sponsorizzato.
Inizialmente, Sacco si unisce all’esercito del colonnello Cornelio Saavedra Rodríguez, un uomo senza scrupoli che cerca, con la violenza, di strappare le terre agli indigeni, nelle regioni del Bio-Bio. Staccatosi finalmente dagli altri bianchi, Federico Sacco può partire per il viaggio sognato, alla fine dell’ottobre del 1869, dall’isola di Chiloé.
Da questo punto in avanti, Federico Sacco potrà annotare ogni dettaglio, subirà furti e prepotenze, si ritroverà solo in mezzo al nulla, conoscerà avanzi di galera a Punta Arenas e gli indigeni aonikenkdella regione di Ultima Esperanza. Vivrà una serie di avventure incredibili, peripezie che mai avrebbe immaginato, ma il punto fermo di tutto il suo viaggio sarà la costante meraviglia di trovarsi di fronte a luoghi e panorami di incomparabile bellezza che certamente nascondono clamorosi segreti.
Nel paesaggio primordiale in cui mi trovavo immerso, ho immaginato aggirarsi i mostruosi iguanodonti e gli altri giganteschi rettili che oggi sappiamo aver popolato il pianeta prima di noi. Mi sono convinto che se in futuro si avvieranno quaggiù sistematiche ricerche con appropriate spedizioni scientifiche, anche in questa parte di mondo non tarderanno ad emergere nuove e ancor più clamorose meraviglie. Chissà quali straordinarie vestigia di esseri antidiluviani affioreranno dagli abissi della preistoria di questo continente rimasto isolato così a lungo!
“Ultima Esperanza” di Paolo Ferruccio Cuniberti è uno di quei libri che riescono a trasportare il lettore completamente dentro la storia. Si seguono con trepidazione le tappe del viaggio di Federico Sacco: ci si meraviglia con lui di fronte alla grandiosità dei panorami, si trema quando ci si imbatte negli indios e ci si indigna quando si incontrano persone crudeli e violente le quali vogliono strappare la terra ai nativi.
Cuniberti crea un personaggio che è un uomo d’altri tempi: intelligente, curioso, rispettoso e corretto, il quale suscita immediatamente simpatia. Proprio al suo personaggio, Federico Sacco, è affidata la narrazione sotto forma di diario personale, inserita nella cornice della lettura delle note da parte della Società Geografica Italiana quando già si conosce il triste epilogo della vicenda.
“Ultima Esperanza” è sia il fantasioso racconto delle esplorazioni di Federico Sacco, veterinario piemontese con la bruciante passione per la scoperta (tanto che, Cuniberti immagina che sia proprio il Sacco a scoprire la Cueva del Milodonte), sia un ritratto vivido e preciso di quella che doveva essere la Patagonia cilena verso la fine dell’Ottocento.
Prima che i coloni abbattessero alberi, distruggessero vilaggi, depradassero le terre degli indios ona, kaweshqar, chono, aonikenk – oggi tutti estinti -, la Patagonia cilena era davvero un luogo dove un uomo poteva sentirsi più estraneo che parte del posto. Un luogo che forse avrebbe dovuto restare tale, per preservare il suo fascino selvaggio e quasi intimidatorio.
Non fosse per i leoni, che mi pare di sentire in agguato dietro ogni cespuglio, siamo in una terra benedetta che offre del suo meglio, ma non posso non riflettere sul mio confronto costante con le risorse della natura, tra le quali sono un momento preda, un momento predatore, ma sempre con un che di estraneo.
Titolo: Ultima Esperanza
L’Autore: Paolo Ferruccio Cuniberti
Editore: Edicola Ediciones
Perché leggerlo: per stupirsi della piccolezza dell’uomo di fronte all’abbagliante maestosità e grandiosità della Patagonia cilena di fine Ottocento
Pubblicato su Il giro del mondo attraverso i libri.